Il Governo approva il Green pass obbligatorio per scuola e università, e la misura scatena l’ira della categoria, sulla quale, ormai da tempo, continua l’accanimento. “Siamo in presenza di un provvedimento inaccettabile, che non risolve il problema della ripartenza, né dà la sicurezza che la Scuola merita. L’intero coordinamento del Comparto Scuola Confasi, esprime insoddisfazione per le misure applicate, poiché si tratta di un provvedimento che ravvisa profili di incostituzionalità, crea forti discriminazioni e rende di fatto la vaccinazione obbligatoria. Un provvedimento, dunque, altamente lesivo”.
Secondo Adele Sammarro, Coordinatrice Nazionale del Comparto Scuola Confasi, “la Suola ha bisogno di ripartire in sicurezza, di misure urgenti, e il Green pass non risolve i problemi atavici della stessa. Bisogna pensare ad un serio piano di investimenti e di sicurezza, partendo dagli spazi; è necessario garantire il distanziamento, e ancor più sdoppiare le classi, predisporre sanificatori d’aria all’interno delle aule, rendere gratuiti i tamponi a tutto il personale scolastico. Solo così si potrà ripartire in sicurezza, e non sarà certamente la carta verde a dare alla Scuola le garanzie di cui ha bisogno, anche perché il 90% del personale scolastico è già vaccinato”.
“A questo punto - commenta la Coordinatrice Nazionale del Comparto Scuola Confasi - se il Green pass deve essere obbligatorio per la Scuola, per lo stesso principio, deve essere applicato anche alle altre categorie. Non si possono adottare due pesi e due misure”.
“Ad oggi - aggiunge la Sammarro - non si è pensato ad istituire un tavolo di confronto con le parti interessate e questo non va bene in un Paese civile. Non è possibile, tra l’altro, che il Governo utilizzi l’arma del ricatto della riduzione salariale per indurre i docenti a fare qualcosa che liberamente non sceglierebbero, e non sarà questo il modo per garantire la tutela della salute. Basta con le discriminazioni. La politica - conclude la Sammarro - si faccia carico delle sue responsabilità in modo serio, non precludendo, dunque, ai lavoratori l’accesso al pubblico impiego, ma dando loro le dovute garanzie”.
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